C’è musica e musica 2021 – Il Novecento/I

C'è musica e musica
Da piccolo sognavo di fare il pianista classico, da adolescente mi sono ritrovato in una band rock. Al mio diploma di pianoforte ho suonato Beethoven come fossi Mick Jagger.
Racconto che la musica è meravigliosa e che c’è musica e musica e anche che la musica sa dire quello che noi non riusciremo mai a esprimere. Tutto questo lo dico con le parole in forma di lezioni e storytelling ma lo provo a dire anche con la mia musica.
La verità è che la vera musica non è mai ‘difficile’. Questo è soltanto un termine che funge da schermo, che viene usato per nascondere la povertà della cattiva musica.
Claude Debussy
La musica ha un grande potere: ti riporta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza.
NIck Hornby
La musica fa suonare anche il legno secco e la pelle d’asino. E rende palpabili i sottili legami fra lo spirito, i corpi, le cose, che non ci stanchiamo mai di cercare.
Pierangelo Sequeri
A duo concert to rediscover an instrument and his repertoire – the saxophone – always present in both worlds, classical and jazz. Great composers that were able to combine two different worlds that could seem different, but only in surface. Saxophone mixed with the piano, for a classical and jazz meeting. A music journey long more than a century, going from Paul Bonneau, Phil Woods and Astor Piazzola, to some original pieces from Pivetti and Vancini.
Marina Ielmini e Alessandro Pivetti
25 novembre 2020
Il processo evolutivo di un bambino è costituito da progressive conquiste di abilità, che sono sostenute, oltre che dalla maturazione fisica, anche da un graduale sviluppo cognitivo e sociale. L’esperienza musicale vissuta già a partire dai primissimi anni di vita del bambino può aiutare a porre le basi e a influenzare significativamente le successive conquiste linguistiche, relazionali e cognitive.
La musica rappresenta infatti un canale comunicativo vicino al bambino: è un elemento facilmente utilizzabile anche come comunicazione informale (si pensi al diverso utilizzo della voce, delle espressioni facciali, del corpo in movimento).
Attraverso la sperimentazione musicale, il bambino impara a produrre, a esporsi e a mettersi in gioco in prima persona. Inizia a differenziarsi dall’adulto di riferimento e a relazionarsi con personalità altre da sé.
Nella prima infanzia ogni suono può trasformarsi in strumento comunicativo, unico e privilegiato, grazie al quale entrare in relazione con l’altro.
Numerosi studi e ricerche hanno sottolineato l’influenza della musica nel processo di crescita del bambino, con riferimento specifico a due ambiti:
Per quanto riguarda la sfera cognitiva, si è visto come, grazie alla pratica musicale, è possibile favorire lo sviluppo di memoria, concentrazione, attenzione, linguaggio verbale, pensiero logico, creatività, capacità discriminatoria, oltre che della decodifica dei codici utilizzati.
Per la sfera emozionale/sociale, la musica diventa invece un mezzo di espressione del proprio essere, favorisce l’acquisizione di regole sociali e dà la possibilità di mettersi in gioco; aiuta a superare i propri limiti e stimola a riconoscere, gestire ed esprimere i propri stati emotivi.
Tramite un precoce avvicinamento al linguaggio musicale si possono rafforzare nel bambino: la capacità di relazione intra e interpersonale; il senso di autostima e di fiducia; l’autonomia; il benessere personale e l’autoapprendimento; la motivazione ad apprendere; la padronanza delle emozioni. Si tratta di benefici che possono essere stimolati nel bambino attraverso una pratica musicale precoce: ciò però può avvenire solo partendo dalla conoscenza delle competenze e delle abilità dei piccoli legate nei diversi stadi di sviluppo. Senza tali conoscenze, l’adulto rischia di far vivere al bambino un’esperienza musicale vuota, forzata e non costruttiva, ottenendo come risultato l’allontanamento del piccolo dall’utilizzo consapevole e appropriato del mezzo musicale.
Alla luce di questo vero e proprio inno all'”orecchio teso…” di A. Tomatis risulta particolarmente stimolante la lettura delle conclusioni di “Uditori della Parola” del teologo K. Rahner circa la profonda identità di “uditore” di ogni essere umano:
“La rivelazione, nel caso che sia possibile, presuppone che l’uomo debba essere aperto a ricevere la comunicazione che l’Essere assoluto fa di se stesso attraverso la sua parola luminosa. L’uomo è l’ente che nella sua storia deve tendere l’orecchio ad un’eventuale rivelazione storica di Dio attraverso la parola umana. L’uomo è l’ente che è dotato di una spiritualità recettiva aperta sempre alla storia e nella sua libertà in quanto tale si trova di fronte al Dio libero di una possibile rivelazione, la quale, nel caso si verifichi, si effettua sempre mediante “la parola” nella sua storia, di cui costituisce la più alta realizzazione. L’uomo è colui che ascolta nella storia la parola del Dio libero. Solo così egli è quello che deve essere.” (Uditori della Parola, di Karl Rahner, Borla)
Siamo esseri viventi in ascolto, in grado di cogliere un “tu” oltre al “sé” e riceviamo la nostra felicità e il nostro vero “io” dall’ascolto e della scoperta dell’esistenza di ciò che è altro da noi. Educazione all’ascolto e spiritualità si intrecciano così, indissolubilmente.
L’idea di porre in dialogo musica e teologia non è una “scoperta” recente, appartenente in maniera esclusiva ai nostri tempi. Potremmo dire, anzi, che si tratta di una delle relazioni “interdisciplinari” più antiche e, da sempre, costituisce uno degli snodi centrali delle culture tradizionali. Tentare un’esplorazione musicale del mondo di Dio e vedere se, dove e come, possa, uno sguardo di fede, guidare la composizione di musica è un itinerario che ha affascinato molti artisti e pensatori. Sono numerosissimi gli studi che si occupano delle articolazioni esistenti tra rito e musica, tra esperienza “mistica” e ritmo, sia nell’ambito dell’antropologia culturale che in quello, più rigorosamente estetico, della storia della musica.
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